30.03.’18 – Venerdì Santo

IL CARTIGLIO DELLA CROCE: DARE UN NOME ALLE PROPRIE VICENDE

foto-cartiglio-venerdi-santo-2018Lettura della Passione di Giovanni (18,1-19-42)

“Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei»”

Vogliamo concentrare l’attenzione su questo fatto e passare dal fatto della lavanda dei piedi dove Gesù si fa riconoscere come il Signore e il Maestro al fatto per cui ora deve essere un altro (Pilato) a dover far incidere la tavoletta di legno da mettere sulla Croce, mettendo in evidenza il capo d’accusa. Ci chiediamo: ma Gesù non era sufficientemente conosciuto a Gerusalemme? La grande città della Pace che custodiva il Tempio e l’Arca dell’Alleanza non ricordava il suo gesto in cui disapprovava il mercato nel tempio? Il suo ingresso solenne accolto come Messia (Re che rientra vincitore dalla battaglia) non era stato sufficiente per aumentare il grido della sua fama e della sua notorietà? …potremmo aggiungere i discorsi fatti al Tempio, gli incontri con farisei e con la gente comune del popolo… e perché dunque una scritta sul suo capo? Perché era così necessario mettere in evidenza chi fosse quel condannato? Perché la sua passione – dicono gli annali romani – era stata inflitta “iuxta mortem” cioè fino al limite della sopportazione, ma senza morire. Era necessario non solo scrivere il capo di accusa (forse lo si faceva anche per tutti, ma non lo sappiamo dei due ladroni), ma mettere in evidenza chi fosse quell’uomo ci deve allertare…c’era scritto: “Gesù, il Nazareno, il Re dei Giudei” (INRI)… era necessario scriverlo perché quel volto era ormai decisamente sfigurato, irriconoscibile. Ed era scritto in più lingue (ebraico, greco, latino) cioè era messo in evidenza per gli abitanti del luogo e per tutti coloro che erano fuori dall’Alleanza.

Proprio quel cartiglio ci permettere di tornare ad imparare a dare un nome ai momenti della vita che viviamo, soprattutto le fatiche, le incomprensioni, le delusioni, le amarezze… un nome che mette a fuoco quello che stiamo vivendo e come lo stiamo attraversando… un nome che ci aiuta a guardare in faccia alle nostre storie, alle nostre realtà, alle nostre vicende senza nessuna illusione e senza alcuna superficialità. Ed è forse questo oggi il nostro dramma, la nostra croce: non saper più dire chi siamo perché non abbiamo più cura di quello che viviamo. Troppo spesso ci scopriamo più indifferenti che tenaci, più superficiali che coraggiosi, più qualunquisti che identitari…forse facciamo anche fatica a dirci cristiani perché non viviamo più come tali. Quel cartiglio è rivolto verso di noi che lo guardiamo, è un monito che sta sempre davanti ai nostri occhi perché nessuno si sbagli a dire “sarà lui o no?” … sì è Lui, è il Figlio di Dio, il Messia sulla Croce, sul trono dell’Amore vero. E noi, sappiamo riconoscere e dare il vero nome alle nostre storie? Con quale cartiglio mi presento davanti alla gente?