Quaresima 2014. Il Tempo e la sua sfida

Distendere l’anima per dilatare ogni chiusura

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Il Kairòs. Voce del tempo

Il tempo ci sfida, ci provoca, ci attanaglia, ma pure ci interpella, ci forma momento dopo momento. Il tempo dice chi siamo in quel momento e chi vorremmo essere più in là; dice la nostra storia passata e ci consegna a un futuro che vorremo costruire sempre più differente da quello che viviamo nella sua attualità. Il tempo è anche la misura delle nostre scelte: da abituati che siamo a prendere delle scelte che vengono dall’esame di una storia passata e che dilatiamo nel tempo che si apre, credo sia più conveniente comprendere il tempo come qualcosa che sia da scrutare e da vivere con più serietà. Esso, infatti, si fa conoscere con la sua verità che non è solo verità cronologica, forma di un tempo che scorre, ma ancor più verità kairologica, dentro l’identità di tempo di grazia. Se da una parte il tempo nasce con la storia e dentro un in principio (Gen 1,1), dall’altra esso è abitato dall’uomo che nasce nel tempo e in una storia, figlio di un amorevole e dignitoso imperativo divino facciamo l’uomo (Gen 1,26). Dentro questo tempo e questa storia si consuma il tempo di ciascuno e di tutti e, per breve che sia, ogni uomo e donna sono chiamati a vivere nella pienezza e nell’orizzonte di un senso che porti a compimento la propria esistenza e quella di tutti. E così prendere coscienza di stare dentro la porzione di un tempo più ampio che giungerà al suo compimento quando non vi sarà più notte, né luce di sole (Ap 22,5).

Parola ed essenzialità. Il tempo non è una minaccia.

Il tempo, dunque, sguaina la spada e invita alla sfida non come minaccia ma come ciò che interpella e pone a ciascuno la domanda sulla cura di sé nel tempo: come custodisco la mia vita? Ma oggi pare vivere non nella domanda e forse, men che meno, nella ricerca di una risposta, ma nella parola semplicemente detta. Sempre più rarefatta è la parola su di sé, mentre la parola sull’altro fonda radici nell’orgoglio personale fino a dar nutrimento a piante di presunzione. Più facile è la parola dell’accusa, del giudizio, del confronto. Parola ostile e nemica: dice l’amarezza di un passato, svela la fatica dell’oggi, ombreggia la speranza e l’attesa di futuro. La domanda del tempo invece chiede di dialogare con le proprie attese, avvicina quella speranza che a volte sentiamo lontano e il tempo diventa tempo che si dilata, tempo che prende respiro, tempo che si rivitalizza, tempo che si apre, tempo fecondo, tempo che vive nel tempo. E, dilatandosi, dilata. Solo così il tempo ci consegna il suo futuro cosicché ciascuno possa vivere il suo presente con più respiro, allargando il suo oggi. Ma quando il tempo è malato perché vissuto nella sua ansia e frenesia, nel suo rendimento e nella sua produttività, allora anche tutto ciò che vive nel tempo rischia di ammalarsi. Si ammalano le relazioni, gli sguardi, le parole; si ammalano i propositi, le promesse, le attese; si ammalano le persone che soccombono sotto inevitabili e cattive conseguenze. Tornare a vivere l’essenzialità diventa monito al superfluo, all’inutile, al vano. Perché vivere il tempo significa non perdere tempo.

Distendere e allargare. Dal tempo di non-tempo al tempo sacro

In questo nuovo Tempo di Quaresima vorrei fare un passo che sfida la prassi del fare: certamente la Quaresima è un tempo propizio che invita tutti e ciascuno a prendere dei propositi, rivedere progetti, ci vede anche impegnati in una preghiera più vicina alla Parola di Dio se non addirittura ad una riflessione su se stessi, sulla propria coscienza, sulla propria vita, sul proprio stare di fronte a Dio. Per altri sarà un tempo di non-tempo che inizierà come se non fosse mai arrivato e si concluderà come se non fosse mai iniziato. E anche qui credo sia tutto onestamente corretto. Ma in fondo cosa si intende per Tempo quando si parla di Quaresima? Per di più un tempo che porta con sé la verità del sacrificio che vorrei fin da subito intendere non come una rinuncia ma come conquista e vittoria; tempo che ricostruisce in noi l’Immagine divina offuscata dal male e dal peccato e che chiede di sacrum facere, rendere sacro, ogni istante di vita. Tutto potrebbe diventare sacrum, cioè altro, quindi differente. Ecco allora come vorrei leggere questo Tempo di Quaresima, come un tempo per distendere l’anima per allargare la mente, il cuore e rompere, così, ogni chiusura per uscire anche dal più piccolo pregiudizio per rimettere il proprio sguardo buono su di sé e sugli altri. Buon Tempo di Quaresima. La Pasqua sia l’inizio di senso per questo cammino. Quello di tutti. Quello di ciascuno.

don Teresio