XXI domenica T.O., 24.08.’14

CHI SONO IO PER TE? LA DOMANDA INTERPELLA LA MIA IDENTITA' DI DISCEPOLO

guardare cielo 2Se il nuovo ci attira, l’inedito ci spaventa

La nostra vita prende forma tra parola e silenzio, tra ascolto di sé e ascolto dell’altro, e le nostre relazioni dicono con chi desideriamo stare e verso chi ci orientiamo. Ciascuno di noi ha una storia che lo precede e di cui è figlio, ma abbiamo bisogno anche di diventare padri e madri del nostro vivere, abbiamo bisogno di generare, per cui costruiamo nuove storie che danno una forma nuova alla nostra vita, alle nostre singole esistenze. Il nuovo ci attira perché, in fondo, apre uno spazio mai esplorato e permette di abitarlo come desideriamo, ma non è forse vero che ogni cosa inedita ci spaventa? Non è forse vero che, pur cercando qualcosa di nuovo in avanti, ci sentiamo legati con ceppi ai piedi, alle mani, al cuore? Ogni esperienza inedita mette di fronte al rischio e fa entrare in una realtà non ancora sondata, con confini che vanno delineati e definiti senza troppi indugi. Altrimenti il nuovo diventa pericoloso, ingestibile. Così è il nostro stare di fronte a Dio con quella domanda generica di Gesù, «la gente chi dice che io sia?», per diventare subito ristretta ai suoi, «ma voi chi dite che io sia?» e che, oggi e sempre, in modo personale rivolge a ciascuno di noi, «chi sono io per te?». Gesù chiede di uscire dal sentito dire, dalle abitudini passate e di rivelarci a Lui. Quella risposta sarà la dichiarazione della mia situazione attuale nella mia relazione con Gesù.

Chi sono io per te? La risposta dice a che punto siamo

Se questa risposta chiede di mettere a nudo la mia relazione con Gesù, allora chiediamoci come stiamo vivendo questa stessa relazione. Oggi, ora, se mi fermasse il Cristo e mi interrogasse, cosa direi anzitutto a me stesso? Posso vivere di ciò che ho solamente ricevuto e quindi dare un parere generale oppure oggi il Signore può sentirsi autenticamente ospite della mia vita? E’ sempre più complesso vedere anziani che rinnovano la loro fede, adulti che la alimentano e ragazzi e giovani che la cercano e la vivono. «Ti toglierò la carica e ti rovescerò dal tuo posto»: la parola del Signore è rivolta a ciascuno che non vuole più vivere con responsabilità, con fierezza, con verità il suo rapporto con Lui. Dopo tutto la nostra dignità è data dalla misura delle nostre relazioni che dicono chi siamo e come viviamo.

Relazione con Dio o relazione in Gesù?

Troppi cristiani oggi sono più deisti che figli adottivi di Dio, di quel Dio di cui «insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie». Quanti cristiani hanno fatto entrare Gesù nella loro vita, ma non lo riconoscono più come «il Cristo, il Figlio del Dio vivente», più legati a Dio e alla sua inaccessibilità che alla sua rivelazione, deisti e non cristiani. Ridotto Gesù ad essere considerato un uomo buono, vero, giusto, corretto, non ambiguo, ma solo così. Niente di più. Chi si illude di vivere una fede in Dio senza avere fede in Gesù, senza mettersi in ascolto della sua parola, senza vivere della grazia del suo amore nei sacramenti, non solo non ha compreso la rivelazione divina, ma non saprà darsi nemmeno un posto nella sua relazione con Dio. Dio sarà sempre quello che sta in alto, invece di essere il Dio-con-noi.