22.01.2023 – III^ dom Tempo Ordinario

ESSERE LUCE ANCHE PER I PEGGIORI

pescatori

Gesù si ritira…camminando

Gesù è all’inizio del suo ministero pubblico. Ha lasciato Giovanni il Battista che è stato arrestato «seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea»: Lui che è stato suo discepolo ora si prepara a rivelarsi come il Maestro con la differenza che se il Battista portava un segno di conversione, Gesù rivela che è giunto il Regno di Dio. E dare inizio al suo ministero, si ritira. Pare dirci nulla questa espressione, ma se pensiamo che la Galilea è terra sospetta per i Giudei (Ghelil, in ebraico distretto, provincia abitata da gente straniera) allora qualche domanda sorge: perché Gesù si dirige verso una terra che è stata invasa, conquistata, contagiata nei secoli dai popoli pagani? E «si ritira» – (dal greco “anachoréo”) verbo che dice la ricerca del silenzio, della solitudine – quando Cafarnao è città sulle rive del lago, in mezzo ai commerci, alla gente, agli affari? Il suo stare in mezzo ai dimenticati vuole certamente dirci che la Grazia non segue la logica umana del giudizio, della cattiveria, dell’esclusione. Tutt’altro! Solo dopo essere rientrato dentro di sé Gesù può compiere la sua missione e andare verso ogni uomo e ogni donna senza distinzione: perché l’Amore di Dio non fa preferenza di persona.

 Camminare, incontrare chiamare, rinnovare

Dio, in Gesù, sceglie di orientare il suo sguardo e di riversare il suo amore su tutti e ciascuno. Chiediamoci cosa Gesù sta compiendo all’inizio del suo ministero! Sta cercando uomini che lo seguano, sta costruendo la sua cerchia, sta mettendo le basi dell’Alleanza nuova con l’umanità, sta scegliendo i pilastri su cui appoggerà la sua Chiesa. E «mentre cammina lungo il mare di Galilea», vede e chiama: ci siamo mai chiesti da dove vengono gli Apostoli? Da una terra che per i più fedeli praticanti della Legge di Mosè era considerata terra abbandonata da Dio, abitata dagli uomini peggiori e dalle donne senza stile. Ebbene Gesù diventa luce, vita, nuova possibilità per chiunque, anche per i peggiori. E la chiamata è lì, calata in una storia di questi primi uomini interpellati per nome «Simone, Andrea, Giacomo, Giovanni» e nella loro quotidianità «mentre riparavano le reti», certamente al calar del sole, dopo una giornata di lavoro: il Signore non solo abita e percorre una terra abbandonata, ma addirittura si fa conoscere mentre giunge la notte, perché Egli è luce. E’ possibilità di vita nuova, di parola nuova: l’unica capace di generare e di ri-generare.

Infine
Camminare. Un verbo che dice non solo il movimento fisico, ma da sempre è metafora del cammino interiore, del viaggio dello Spirito, dei nostri desideri, delle nostre attese e persino delle nostre emozioni. Camminare dice la nostra vitalità di uomini e donne mai arrivati, desiderosi di cercare e di vivere in modo attivo la propria vicenda. Camminare – ancora – rivela il nostro incontrarsi, incrociarsi: stare in piedi con le proprie gambe è anche simbolo di autonomia, di maturità, di adultità. Persino da piccoli passiamo dal nostro gattonare fino a tentare con sforzo di restare in piedi per camminare e infine correre. Ma il cammino, come ogni cammino, esige una meta e nello stesso tempo si costruisce la strada da percorrere. Forse oggi noi corriamo, più che camminare, e la fretta non è sempre una buona consigliera né per noi, né per ciò che desideriamo, e neppure per le nostre forze, il nostro corpo.