XXXII domenica T.O., 9.11.’14

LO SPIRITO RENDE SACR CREDENTE E COMUNITA'

in muratura in mattoniIl credente: pietra o edificio?

Annosa e vexata quaestio sulla relazione tra chiesa-persona e chiesa-edificio: una relazione che ha sempre lasciato lo spazio a ogni tipo di giudizio su tutti e su ciascuno; giudizio di critica e di stima sia dall’interno di una Comunità sia da chi la Comunità né la frequenta né si sente parte di essa. Giudizio da chi sta affacciato sulla porta della vita cristiana, ma giudizio anche da chi la Comunità l’ha abbandonata dopo tempo di impegno e di presenza. Insomma: sia che si stia dentro sia che si stia fuori lo scarto sul giudizio è inevitabile. Essere chiesa in forza del Battesimo tutti lo sappiamo, eppure dobbiamo essere onesti quando le nostre scelte e le nostre parole non sono molto in linea col Battesimo; essere figli di un’unica grande famiglia di uomini e donne amati da Dio ne siamo certi, eppure gli sguardi degli uni verso gli altri a volte sono più sassate da lanciare che pietre che edificano e che si pongono a fondamento e a sostegno. A volte anziché essere sostegno per altri siamo di ingombro, pesanti. Gesù entra nel Tempio: oggi siamo più pietra o edificio? Credo entrambi: sia pietra sia edificio. Siamo pietra perché ciascuno è porzione di un tutto, ma siamo anche edificio perché la nostra vita è dimora dello Spirito, luogo in cui Dio ha posto la sua divinità. Io posso essere nuovo perché rinnovato dallo Spirito.

La dimora di Dio è la storia dell’uomo: la mia vita

Perché Gesù si pone nel Tempio di Gerusalemme con questo gesto provocatorio quando entrò e «trovò gente che vendeva buoi, pecore, colombe e là seduti i cambiavalute»? Diremmo come solitamente appreso sulla sacralità del Tempio: niente chiacchiere, niente baccano, rispetto assoluto, silenzio reverenziale. Eppure anche questo è alla stregua del rumore del mercato: sì, perché è il fanatismo religioso, l’osservanza ossequiosa, il rispetto reverenziale dovuto alla maestà divina. E poi in quale direzione si incammina la mia vita? Amanti di Dio, ma sfruttatori del prossimo (il cambiavalute aveva interessi e guadagni); pronti a offrire sacrifici a Dio, ma non la propria vita. Il Signore passa nei giorni della mia storia in ogni istante e si avvicina, mi visita, mi abita: io divento spazio umano del Dio trascendente. Sono suo tempio, sua dimora: per grazia Egli fa uscire da me fiumi di grazia dice il profeta, fiumi «verso oriente e occidente, verso il settentrione e il meridione» e chiunque si abbevera, vive. La mia vita è spazio della trascendenza divina e non c’è spazio per una mia idea di Dio, per cui «fece una cordicella e scacciò tutti fuori (ekballo)»: è il Buon Pastore che conduce fuori le pecore verso una vera immagine di Dio.

Credente e Comunità: smussare qualcosa

Quanti corti circuiti tra credente e Comunità. Quanta negligenza tra vita di Comunità e vita personale che conduciamo in altri luoghi fuori dal Tempio. Quanta piccolezza tra ciò che vorremmo vivere e ciò che di fatto viviamo immersi nella storia del mondo. Forse dovremmo riprendere il senso del nostro essere «edificio di Dio»: dobbiamo tornare a smussare qualcosa perché ogni angolo della Comunità diventi sicuro e abitabile da tutti. Abbiamo bisogno di sentirci parte di un tutto che si incastra bene per dare solidità all’oggi e al domani: dobbiamo credere che lo Spirito ci abita. Lui ci lavora. Lui ci rende degni di essere pietra del tempio di Dio. Audaci verso sé e verso gli altri.